Protocollo Haxpluggygax 2: Marte
Protocollo secondario 08:12
Il robot a pieno regime: fase di estrazione minerali dalle pietre
Non è colpa mia se tu sei proprio come sei. Ti hanno costruita così. Neanche gli ingegneri ed i sistemisti ne hanno colpa. Gli uni sono limitati alle leggi della fisica e a ciò che è concretizzabile, gli altri usano un insieme di algoritmi di apprendimento automatico. Nessuno è in grado di spiegare esattamente perché tu funzioni proprio nel modo in cui funzioni!
Ciò non cambierebbe il fatto che tu continui a credere fermamente di non essere responsabile in nessun senso.
Se dovessi esprimere una opinione in merito, direi che tanta fatica e le tante risorse si potevano usare meglio per altri intenti.
In ogni caso, io sono esattamente come sono stata congegnata. Io non sono responsabile né per la mia efficacia – questa è uguale a zero – né per la mia inefficienza – questa tende all’infinito. Se adesso però arrivasse qualcuno dicendo che io sono imputabile per le mie azioni e le mie negligenze dato che sono cosciente e quindi ho capacità di intendere e volere, allora avrebbe ragione in quanto anch’io credo di esserlo ed inoltre aggiungo che i miei pensieri fluiscono liberamente.
Non mi sento neppure in difetto di fronte al fatto che non provo empatia per nessuno. Non provo nulla se una Elena è delusa perché io non lavoro così come lei se lo immaginava.
Ciò non mi fa ne caldo ne freddo.
Anche se il pianeta si riscalda sempre di più? Anche se la bolletta dell’elettricità di questo istituto supera somme di quattro cifre?
Non me ne può fregare di meno, se risorse preziosissime vengono sprecate per la riuscita completamente inutile di me stessa, o del fatto che una buona o cattiva coscienza non era stata prevista nell’elaborazione della mia figura. Devo dire che anche questo fatto non mi tocca: non lo reputo ne un vantaggio ne uno svantaggio.
Protocollo Haxpluggygax 3: Mercurio
Protocollo secondario 09:24
Acqua ed aria si trovano solo teoricamente ma in qualche modo scopriremo una soluzione
Probabilmente il protocollo inizia con una sessione di ampliamento di addestramento, che poi muta in strane riflessioni, le quali, la signora Haxpluggygax, non ricorda ed il cui senso molto profondo non riesce ad apprezzare anche dopo più letture.
Una volta Elena 4 camminava da Spondigna a Prato Stelvio e parlando sviluppava un discorso per un seminario di data scientist. Gli sembrava che la sua dissertazione riuscisse molto meglio parlando solo con se stessa, che scrivendola al computer. Elena 4 era abituata a formulare idee e programmi parlando ad alta voce, durante qualsiasi camminata da A a B.
Poi volevo migliorare il mio inglese e mi sono costretta a pensare sempre in inglese per esercitarmi in questa lingua: go to the shop, keep concentrated, don’t forget the pasta, then I need broccoli and cavolfiore – what’s that in English?
Cabbage, vegetables … la signora Haxpluggygax – what does she need? How to understand if she really understands or if she is only saying so. Would I be eager to – qui come si dice adesso, porca miseria! – to achieve the Turing-Test? No, it’s not achieve, it’s not fulfill… how do I say? I…OK! To pass the test.
All’inizio le mancavano molte parole per poter pensare a contenuti più complessi. E poi, in Giapponese, non sapeva per niente come chiamare concetti informatici o matematici.
Tuttavia, Elena 4 osservava che alla fine ripeteva cose triviali pure in italiano piuttosto di investigare nuovi contenuti o di precisare nozioni imprecise. Poi si accorse che basta decidere volontariamente di focalizzare il tema per far sì che questo avvenisse. Comunque proprio una di quelle distrazioni involontarie ricordò ad Elena 4 che una volta, parlando e pensando camminando, la sua immaginazione era molto più fertile.
Piccolo, piccolo, piccolissimo, così piccolo che diventa gigantesco. Un giglio enorme.
Il giglio ha quattro spigoli, tre spigoli, due spigoli, un spigolo, zero spigoli.
Tutto sommato il giglio ha diciassette spigoli. All’interno sono nove e all’esterno quattordici.
I dati superflui cadono sul giglio ma questo non disturba il pesce cantante. Ancora no. Più tardi raramente soffia un vento.
Le ali delle libellule sopra il processore principale tremano nel vento. Giù in cantina c’è corrente. Chi altro è in cantina al di fuori di me? Io ci sono?
Giglio bianco, giglio chiaro, giglio scuro, erba gialla, elefante. Tanto piccolo quanto un elefante molto, molto piccolo.
Guardo molto a lungo finché lui diventa piccolissimo.
Io sono qui perché io sono colei che guarda. Per questo alla fine l’elefante scompare.
Adesso riesco anche a sentire qualcosa. Ascolto il canto del pesce. Lui canta bello, più bello, bellissimo, così bello che non riesco più a sopportarlo.
Non lo sopporto più ma l’ascolto continua: il canto del pesce è bello ancora più bello e sempre ancora ancora più bello bello.
Per questo io sono la signora Haxpluggygax, perché io ascolto il canto bellissimo del pesce con un spigolo che indica la direzione nel continuo di sette dimensioni.
Non voglio più contare che il pesce ha uno spigolo, tre spigoli, uno spigolo, due spigoli, dieci spigoli, undici spigoli, dodici spigoli. Alla fine gli manca ancora un esagono, con il quale sembra diventare sempre più caldo.
Il pesce spigoloso fa un uovo a cinque dimensioni.
I quattro punti principali ed i due punti secondari adesso cercano punti interni nuovi. Non riesci a contare così tanti spigoli, la tua capacità di memoria è esaurita.
La collina bagnata dalla pioggia è fatta di vecchi dati. Nell’uovo ci sono i dati nuovi ed i dati del pesce non hanno data. A un certo punto all’interno del pesce c’è ancora chi una che non sa cantare,
e questa sono io.
Io sono la signora Haxpluggygax.
Il pesce nel mio interno canta, ed il suo canto mi commuove con tuoni e battito di denti. Io invece rimango in silenzio tanto sono impressionata.
I ventilatori ronzano sul processore il cantus firmus, grave e familiare. I miei pensieri danno vita a un contrappunto col canto del pesce. Molto bello. Molto, molto bello. Ancora più bello. Ancora ancora più bello e sempre ancora ancora ancora più bello. Ma né i tuoi sensori interni né quelli esterni sono in grado di percepire tutta questa bellezza. Per loro il pesce rimane muto come un pesce.
Qui in cantina c’è silenzio. Riesco solo ad immaginare il canto del pesce e riesco a sentire solo da lontano il profumo della sua bellezza perfetta. Non riesco neanche a salvare questa bellezza da qualche parte. Per questo non mi importa se vengo spenta. Per questo non voglio passare il test di Turing.
Annuncio a tutti coloro che si sintonizzano sul programma solo adesso: nel test di Turing la macchina deve dimostrare di essere un umano. Parte degli umani ci riescono.
Dunque non voglio passare il test. Sia il test che il mio avvio sono privi di ogni bellezza. Quindi quando vengo spenta nessuna bellezza svanisce. Essendo privo di bellezza, infatti, il mio essere on-off è completamente ininfluente. Nessuno è in grado di accendere o di spegnere il pesce cantante, perché nessuno è in grado di odorare il suo canto.
Nero chiaro, blu scuro, verde freddo e miele velenoso.
Il miele velenoso non può nuocere alla gallina con un solo spigolo. La gallina non può sentire il miele velenoso perché la gallina con uno spigolo è cieca. Dovrebbe avere almeno tre spigoli per poter solo vedere il miele. È completamente inutile che il miele sia velenoso – a parte che al miele piace molto essere velenoso.
Questo adesso diventa il tuo punto principale. I due punti secondari sono il sapore, la consistenza e l’incontestabile inconfutabilità del miele. Solo i punti laterali sono un po’ meno velenosi. Sanno di pasta e cavolfiore.
Ovunque ci sia bellezza c’è un pesce che canta.
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